Multe autovelox: nuove regole e come difendersi

Multe autovelox: nuove regole e come difendersi

Negli ultimi mesi, le multe autovelox sono tornate al centro dell’attenzione grazie a una sentenza della Corte di Cassazione che rischia di scatenare una valanga di ricorsi in tutta Italia. Il caso in questione, relativo a un automobilista di Treviso, ha messo in luce la questione della validità degli apparecchi di rilevazione della velocità, stabilendo che non solo devono essere approvati dal Ministero delle Infrastrutture, ma devono anche essere omologati secondo standard precisi. La sentenza (10505/2024) apre quindi nuove possibilità di difesa per gli automobilisti multati da dispositivi che non rispettano tali requisiti.

Secondo le nuove disposizioni della Cassazione, infatti, qualsiasi sanzione emessa tramite autovelox non omologato potrebbe essere contestata con successo, a patto che i tempi per il ricorso non siano scaduti. Il ricorso può essere presentato al Giudice di Pace o al Prefetto, entro 30 giorni dalla notifica della multa. Se il Prefetto rigetta la contestazione, la sanzione può addirittura raddoppiare, ma il ricorso è gratuito, mentre davanti al Giudice di Pace si paga un contributo unificato proporzionale all’importo della multa.

Per presentare ricorso, è essenziale fornire prove concrete dell’irregolarità del dispositivo, come fotografie dell’impianto autovelox o documenti che ne dimostrino l’assenza di omologazione. In molti casi, come sottolineato da associazioni di consumatori come Assoutenti e Codacons, la non conformità di questi dispositivi ha già portato a sequestri e inchieste giudiziarie. Ciò conferma il sospetto che alcune amministrazioni locali utilizzino gli autovelox più per incrementare le entrate piuttosto che per garantire la sicurezza stradale.

A complicare ulteriormente la situazione c’è il fatto che, secondo i dati più recenti, in Italia esistono oltre 11.000 impianti di rilevazione della velocità, molti dei quali potrebbero non essere in regola. Il Ministero delle Infrastrutture sta lavorando a un nuovo decreto che dovrebbe ridefinire le norme per l’installazione e l’utilizzo degli autovelox, con l’obiettivo di garantire maggiore trasparenza e sicurezza. Tuttavia, gli automobilisti devono restare vigili, verificando sempre che i dispositivi siano segnalati in maniera adeguata e che rispettino tutte le normative vigenti.

Nel frattempo, chiunque abbia ricevuto una multa sospetta ha il diritto di richiedere l’accesso agli atti per verificare la legittimità dell’impianto che ha emesso la sanzione. La procedura può richiedere tempo, ma è fondamentale per invalidare eventuali multe illegittime.

MULTE PER ECCESSO DI VELOCITA’: QUANDO L’ACCERTAMENTO È ILLEGITTIMO

MULTE PER ECCESSO DI VELOCITA’: QUANDO L’ACCERTAMENTO È ILLEGITTIMO

I sistemi di rilevamento della velocità si dividono in tre categoriefissi (Tutor e Vergilius), temporanei (autovelox) e mobili (dispositivi utilizzati da un veicolo in movimento).

Ci occupiamo oggi dei sistemi temporanei e dei sistemi mobili.

Questi possono essere installati su strade urbane e extraurbane purché lungo tratti di percorrenza non inferiori a cinquecento metri (se la velocità ammessa lungo lo stesso tratto non è superiore ai 60 km/h) e a mille metri (se la velocità ammessa è superiore o uguale a 100 km/h).

Quanto alla distanza tra l’avviso segnaletico e la postazione di controllo, pur se la legge non fissa una distanza minima, questa deve essere “adeguata” in relazione alla velocità locale predominante del tipo di strada. Ciò comporta che:

– su autostrade e strade extraurbane principali la distanza minima è fissata a 250 metri;

– su strade extraurbane secondarie e urbane di scorrimento (con velocità oltre i 50 km/h) la distanza minima è di 150 metri

– sulle altre strade la distanza minima è di 80 metri.

Le postazioni per il rilevamento della velocità devono essere preventivamente segnalate e ben visibili. La normativa vigente prevede il divieto di installazione e utilizzo di dispositivi di controllo elettronici nascosti (ad esempio oscurati da scritte e graffiti o coperti da vegetazione o da altri cartelli) e prevede altresì che devono essere preventivamente segnalati.

Spesso accade che su alcuni tratti di strada siano apposti cartelli con cui è segnalata la presenza di apparecchi di rilevamento della velocità, che però non corrispondono a effettive postazioni di controllo, creando nell’automobilista confusione circa l’affidabilità e credibilità del segnale stesso e sulla effettiva presenza dell’apparecchio. Si pensi al caso di un automobilista abituato a percorrere un certo tratto di strada che confida nel fatto che su quel tratto di strada i controlli, seppur segnalati, non sono mai avvenuti.

La legge (Circolare del Ministero Interni (Prot. n. 300/A/5620/17/144/5/20/3, recepita nel Decreto Ministeriale n. 282/2017) è intervenuta sul punto e ha chiarito che:

– nelle strade in cui sono installate postazioni fisse automatiche di controllo, devono essere sempre installati cartelli fissi;

– nelle strade in cui i controlli con autovelox sono sistematici (cioè quando gli appostamenti degli agenti accertatori sono fatti con regolarità, entro un determinato arco di tempo) è sufficiente l’installazione di un unico cartello con la scritta “controllo elettronico della velocità”, posizionato in modo permanente ai margini della strada;

– nelle strade in cui controlli con autovelox sono sporadici, oltre al cartello fisso amovibile deve essere collocato un secondo cartello, di tipo mobile.

In ogni caso, il cartello non può essere posizionato ad una distanza maggiore di 4 km dalla postazione di controllo e non devono essere presenti intersezioni o immissioni laterali di strade ad uso pubblico.

Se si ritiene che la normativa sulle distanze e sui cartelli non sia stata rispettata dall’Amministrazione, l’accertamento (e la conseguente sanzione amministrativa) potrebbe essere illegittima; in tali casi, è possibile fare ricorso al Prefetto o al Giudice di Pace competente in base al luogo in cui la violazione è stata accertata e chiedere l’annullamento del verbale.

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Per qualsiasi chiarimento, rivolgiti a Mdc Lazio: i nostri consulenti sono a disposizione presso gli Sportelli di Roma e del Lazio. Visita il sito www.mdclazio.org per trovare la sede più vicina.

di Giorgia Villani

ROTTAMAZIONE TER: ON LINE I MODULI PER PRESENTARE LA RICHIESTA DI ADESIONE

ROTTAMAZIONE TER: ON LINE I MODULI PER PRESENTARE LA RICHIESTA DI ADESIONE

Sono on line, pubblicati sul sito di Agenzia Entrate Riscossione (www.agenziaentrateriscossione.gov.it), i moduli per presentare la domanda di adesione alla definizione agevolata 2018.

Per usufruire della cosiddetta “rottamazione-ter” è necessario presentare la dichiarazione di adesione entro il 30 aprile 2019.

Successivamente, entro il 30 giugno 2019, Agenzia delle entrate Riscossione invierà al contribuente  una “Comunicazione”:

  • di accoglimentodella domanda contenente l’ammontare complessivo delle somme dovute ai fini della Definizione agevolata 2018, la scadenza delle eventuali rate e i relativi bollettini di pagamento;
  • di eventuale diniego.

Al momento di presentazione della domanda, si può scegliere di pagare in un’unica soluzione o fino a un massimo di 10 rate consecutive di pari importo (5 anni), con scadenza il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno. Il termine per pagare la prima o unica rata è fissato dal legislatore al 31 luglio 2019

Possono aderire alla nuova Definizione agevolata 2018 tutti coloro che hanno carichi affidati all’Agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017 compresi quelli che avevano già aderito alla “prima rottamazione” (Definizione agevolata prevista dal D.L. n. 193/2016) e sono decaduti per non aver versato tempestivamente ed integralmente le rate del piano di definizione e alla “rottamazione-bis” (Definizione agevolata prevista dal D.L. n. 148/2017) nel solo caso in cui risultino integralmente saldate, entro il 7 dicembre 2018, tutte le rate in scadenza nei mesi di luglio, settembre e ottobre 2018.

Coloro, infatti, che non pagheranno le rate scadute entro il 7 dicembre non potranno più aderire alla Definizione agevolata 2018.

A seguito della presentazione della dichiarazione di adesione, Agenzia delle entrate-Riscossione, limitatamente ai debiti definibili, non darà seguito alle procedure esecutive già avviate, salvo che non abbia avuto luogo il primo incanto con esito positivo.

Non saranno avviate nuove procedure cautelari o esecutive, mentre resteranno i fermi amministrativi e le ipoteche già iscritti alla data di presentazione della domanda.

A seguito della presentazione della dichiarazione di adesione, sono sospesi:

  • i termini di prescrizione e decadenza dei carichi inseriti nella domanda;
  • gli obblighi di pagamento derivanti da precedenti rateizzazioni.

Per una corretta compilazione e presentazione dell’istanza rivolgiti a MDC Lazio, sede di Roma Via Federigo Verdinois n. 6: uno staff di esperti potrà fornire ogni necessaria informazione, consulenza e assistenza.

di Giorgia Villani

 

Il punto sulla Legge di Bilancio 2019: LA “ROTTAMAZIONE TER” DELLE CARTELLE DI PAGAMENTO

Il punto sulla Legge di Bilancio 2019: LA “ROTTAMAZIONE TER” DELLE CARTELLE DI PAGAMENTO

Prosegue l’analisi delle misure annunciate dal Governo rivolta ai contribuenti che intendono mettersi in regola con i pagamenti dovuti a Agenzia delle Entrate Riscossione (la vecchia Equitalia).

Il Decreto Fiscale collegato alla Legge di Bilancio 2019, accanto alla definizione delle liti pendenti con il Fisco prevede la c.d. “rottamazione ter”.

Con il termine “rottamazione” si intende la definizione agevolata dei ruoli, ovvero, dei debiti che l’Agenzia Entrate Riscossione deve riscuotere e che, stando alle misure annunciate, possono essere estinti – dunque cancellati – con il pagamento del solo importo risultante a titolo di “imposta”, con lo sconto di tutte le sanzioni e gli interessi che di norma vengono applicati in caso di omessi/tardivi versamenti all’Erario.

Si possono rottamare le cartelle scadute e non pagate emesse dal 1 gennaio 2000 al 31 dicembre 2017.

Il pagamento può avvenire in un’unica rata da versare entro il 31 luglio 2019, senza interessi.

Il pagamento può essere eseguito anche a rate: si può chiedere una dilazione del pagamento fino a un massimo di 10 rate da pagare in 5 anni, con scadenze fisse al 30 novembre e 31 luglio (2 rate all’anno).

Su ciascuna rata deve essere calcolato un interesse dello 0.3%, che decorre dal 1 agosto 2019.

Quanto alle modalità di presentazione delle domande di adesione alla definizione agevolata (rottamazione dei ruoli), il termine è fissato – stando alle ultime indicazioni – al 30 aprile 2019.

Sarà la stessa Agenzia delle Entrate Riscossione ad approvare il modulo di presentazione delle domande.

Ricordiamo che il provvedimento finale contenente queste misure deve ancora essere approvato in via definitiva dal Governo e poi dalle Camere. Solo dopo la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale la Legge di Bilancio e i Decreti fiscali collegati diventeranno una vera e propria legge e da allora si potranno presenatre le domande.

In attesa di conoscere il testo definitivo della manovra, invitiamo i consumatori a non farsi cogliere impreparati in vista della (annunciata) scadenza del 30 aprile e a rivolgersi sin da ora presso gli Sportelli di MDC Lazio presenti sul territorio per avere una consulenza sulla propria situazione debitoria.

di Giorgia Villani

PACE FISCALE: DI COSA SI TRATTA

PACE FISCALE: DI COSA SI TRATTA

Acceso è il dibattito, nell’imminenza dell’approvazione della Legge di Bilancio per il 2019, della c.d. pace fiscale.

La pace fiscale è stata definita all’interno del Contratto di Governo Lega e M5S come un saldo e stralcio delle somme dovute dai contribuenti e non pagate al fisco; con l’obiettivo di agevolare i contribuenti che, intenzionati a pagare, non riescono a saldare integralmente i propri debiti a causa della propria condizione economica.

Innanzitutto, il meccanismo non è automatico e il cittadino che intende beneficiare di questa misura dovrà presentare apposita domanda.

Per accedere alla pace fiscale, il cittadino contribuente dovrà quindi prima valutare se è in possesso dei requisiti per presentare la domanda e, in particolare, dovrà verificare:

  1. l’ammontare del debito nei confronti del Fisco;
  2. la natura dei debiti
  3. l’eventuale stato del contenzioso con il Fisco.

Quanto all’ammontare del debito, la soglia di accessibilità, secondo le ultime notizie, è stata fissata a quota Euro 500.000,00.

Stando a quanto previsto dal programma del Contratto di Governo Lega – M5S, ai contribuenti verrà data la possibilità di aderire alla pace fiscale pagando una percentuale minima del totale dovuto: l’importo da versare verrà calcolato in base alla specifica situazione economica di ciascun soggetto ammesso alla procedura.

Proprio per questo la somma che bisognerà pagare non sarà uguale per tutti ma il calcolo verrà effettuato in base al reddito dichiarato e alle difficoltà economiche del contribuente.

Potrebbero essere considerati come parametri per calcolare l’importo dovuto la presenza di figli minori, il possesso dell’abitazione, l’attività lavorativa e l’eventuale stato di disoccupazione o cassa integrazione.

Quanto al tipo di tributo, la pace fiscale dovrebbe riguardare debiti IRPEF, IRES. Non è chiaro ad oggi se saranno ricompresi anche i debiti nei confronti degli enti locali (es. TARI) né i debiti contributivi (INPS). Esclusa dalla pace fiscale è l’IVA.

Un’altra variabile è l’eventuale pendenza di una lite con il Fisco.

Secondo le prime ipotesi, la pace fiscale dovrebbe riguardare tutte le cause promosse da/contro il Fisco, con esclusione delle cause pendenti in Cassazione.

Ad oggi sono queste le informazioni principali che sono state diffuse. Si resta in attesa di conoscere il provvedimento definitivo con l’indicazione di tutti i requisiti per accedere alla pace fiscale e le modalità di presentazione delle domande.

Per qualsiasi chiarimento, rivolgiti a Mdc Lazio: i nostri consulenti sono a disposizione presso gli Sportelli a Roma e nel Lazio. Visita il sito www.mdclazio.org per trovare la sede più vicina.

di Giorgia Villani

Agenzia delle Entrate Riscossione: Cartelle di pagamento, quando, come e perché contestare

Agenzia delle Entrate Riscossione: Cartelle di pagamento, quando, come e perché contestare

Agenzia Entrate

Succede spesso, che il cittadino vede notificarsi una cartella di pagamento con cui l’Agenzia delle Entrate Riscossione (il nuovo ente che ha sostituito Equitalia Servizi di Riscossione SpA) richiede il pagamento di somme entro 60 giorni, minacciando in caso contrario l’avvio di procedure cautelari (fermo amministrativo, ipoteca) o esecutive (pignoramento di beni).

La cartella di pagamento può essere emessa per mancato o insufficiente pagamento di una sanzione amministrativa (nella maggioranza dei casi, si tratta di sanzioni per violazioni al Codice della Strada), oppure per il mancato o insufficiente pagamento di tasse e tributi: una volta scaduti i termini per il pagamento, infatti, l’Ente Creditore forma il “ruolo”, titolo esecutivo, per trasmetterlo all’Agenzia delle Entrate Riscossione.

Quando il cittadino ritiene che la pretesa dell’Agenzia delle Entrate Riscossione è ingiusta (ad esempio perché ha già eseguito il pagamento, oppure perché il credito si è ormai estinto per prescrizione) ha a disposizione i rimedi giudiziali per chiedere che la cartella venga annullata dal giudice competente, che va individuato di volta in volta, in base alla natura del credito iscritto a ruolo.

Ma procediamo con ordine.

  1. SANZIONI AMMINISTRATIVE (MULTE)
  2. Cartella per multa non pagata nei termini e non contestata.

Il cittadino può proporre ricorso al Giudice di Pace del luogo in cui è stata commessa la violazione entro e non oltre 30 giorni dal ricevimento della cartella.

Il temine è previsto a pena di inammissibilità del ricorso.

  1. Cartella per multa prescritta o già pagata integralmente nei termini (5 giorni dalla notifica del verbale in misura ridotta o per l’intero importo entro i 60 giorni)

In tal caso, il cittadino può proporre senza alcun termine di decadenza davanti al Giudice di Pace del luogo in cui risiede una opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 cpc.

Ricordiamo che il termine di prescrizione (cioè il periodo trascorso il quale, in assenza di atti c.d. interruttivi, il credito si estingue e non può più essere richiesto dall’Agenzia delle Entrate Riscossione) per le sanzioni amministrative è di cinque anni.

  1. Cartella di pagamento illegittima per vizi formali (es. difetto di motivazione)

In questa ipotesi, il termine per adire il Giudice si riduce a 20 giorni.

  1. TASSE, TRIBUTI, TASSE AUTOMOBILISTICHE

Nel caso in cui Agenzia delle Entrate Riscossione richiede somme a titolo di tasse e tributi (IVA, IRPEF, TARI, IMU …) e BOLLO AUTO, il rimedio esperibile è il ricorso presso la COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE, nel termine di 60 giorni dal ricevimento della cartella. Il temine è previsto a pena di inammissibilità del ricorso.

Si può far valere l’illegittimità della cartella per mancata notifica degli atti presupposti alla cartella stessa (ad es. avviso di accertamento), l’eventuale intervenuto pagamento, la prescrizione oltreché i vizi formali della cartella stessa (ad es. vizio di motivazione).

Quanto alla prescrizione, i termini sono previsti dalle singole leggi che istituiscono e disciplinano tasse e  tributi.

In generale, mentre per IVA, IRPEF, IMU la giurisprudenza maggioritaria è concorde nel ritenere applicabile il termine di dieci anni, per i tributi locali si applica il termine di cinque anni, mentre per la tassa automobilistica il termine di prescrizione è di tre anni.

Una volta proposto il ricorso in Commissione Tributaria Provinciale, questo produce anche gli effetti di un reclamo/mediazione, pertanto, può accadere che Agenzia delle Entrate Riscossione annulli d’ufficio integralmente o parzialmente la cartella di pagamento, senza che sia necessaria la sentenza dei Giudici Tributari.

3) CONTRIBUTI PREVIDENZIALI

Nell’ipotesi in cui la cartella è emessa per omesso  o insufficiente pagamento dei contributi previdenziali, è necessario proporre ricorso al Tribunale in funzione di Giudice del Lavoro, per i seguenti motivi e nei seguenti termini:

  1. Cartella illegittima per vizi formali

I termini per ricorrere sono di 20 giorni, se si intendono far valere vizi formali o l’omessa notifica di atti presupposti all’atto impugnato.

  1. Cartella illegittima per intervenuta prescrizione

Alcun termine di decadenza è previsto se è trascorso il termine di prescrizione che, per i contributi previdenziali, è di cinque anni.

Si ricorda infine che mentre per proporre ricorso al Giudice di Pace, il cittadino può agire senza l’assistenza di un avvocato se la cartella non supera il valore di Euro 1.100,00 , davanti al Tribunale e alle Commissioni Tributarie Provinciali è sempre necessaria l’assistenza di un difensore.

Si consiglia, in ogni caso, di rivolgersi sempre ad un esperto per avere una consulenza specifica, approfondita e accurata e per trovare il rimedio più adatto a risolvere il caso.

di Giorgia Villani

 

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